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Il digiuno intermittente: scopri come eseguirlo correttamente per avere tutti i benefici

Il time restricted eating/feeding è un tipo di digiuno intermittente che può aiutarci a massimizzare il ritmo circadiano degli organi periferici e la nostra salute metabolica.

Punti chiave:

  • Tutti gli organi periferici contengono un orologio biologico.
  • L’orologio biologico degli organi periferici è coordinato dal nucleo soprachiasmatico (SCN).
  • Il cibo è in grado di resettare l’attività degli orologi periferici, a prescindere dai segnali dell’ SCN.
  • L’assunzione di cibo ad orari regolari contribuisce alla salute metabolica.
  • La massima espressione ed oscillazione circadiana di vari geni è fondamentale per l’adattamento, la sopravvivenza e la salute.
  • Una dieta ricca di grassi saturi e zuccheri abbatte l’oscillazione circadiana.
  • Un tipo particolare di digiuno intermittente è rappresentato dal Time restricted eating o feeding (TRE/TRF).
  • Il TRF consiste nel nutrirsi per un periodo di 8-11 ore e digiunare il resto della giornata.
  • L’introduzione di cibo in 8-11 ore, permette di massimizzare l’espressione e l’oscillazione di vari geni coinvolti nel metabolismo e nella salute, in vari organi del corpo.
  • Per ottenere una sinergia tra l’attività dell’SCN e gli orologi periferici, il digiuno deve coinvolgere la fase di riposo (sonno) mentre la finestra di alimentazione la fase di attività.
  • Il TRF nelle cave di laboratorio, a prescindere dall’introito calorico:
    • migliora l’aspettativa di vita;
    • migliora la salute metabolica;
    • migliora la risposta allo stress;
    • rallenta l’invecchiamento;
    • previene le malattie cronico-degenerative.
  • Nell’essere umano può essere una strategia interessante per migliorare la salute metabolica e ottimizzare i cicli di fame/sazietà, sonno/veglia.

Introduzione

Una delle realtà esistenziali più difficili da accettare qui nel Mezzogiorno, è che il digiuno fa parte della nostra biologia.

I nostri antenati non avevano a sempre a disposizione del cibo: bastava una battuta di caccia andata male, oppure un raccolto scarso a causa di condizioni atmosferiche avverse, ed ecco che rimanevamo a pancia vuota a contarci i peli del naso, con lo stomaco brontolante.

Eppure abbiamo saputo trarre il meglio da questa situazione: il nostro organismo infatti si è evoluto per poter attivare, nella fase di digiuno, dei meccanismi di risparmio energetico che portano alla riparazione e ringiovanimento delle nostre cellule, rendendo il fisico più resistente agli stress.

Quindi tu mamma del Sud, preoccupata che il tuo bambino di 250 chili abbia saltato la merenda, leggi attentamente questo articolo! Infatti vedremo alcuni effetti benefici del digiuno intermittente.

Restrizione calorica e digiuno

La restrizione calorica è uno degli interventi dietetici più studiati negli ultimi anni, perché ha dato ampiamente dimostrazione dei suoi benefici, soprattutto se il soggetto è sovrappeso/obeso.

Tra questi annoveriamo:

  • l’aumento della durata della vita;
  • la prevenzione e la regressione di patologie:
    • cardiovascolari;
    • tumorali;
    • metaboliche;
    • neurodegenerative.

La restrizione calorica può essere ottenuta mediante diverse metodiche, che comprendono o meno il digiuno. Per ottenere i benefici su citati possiamo banalmente fare una dieta ipocalorica, in cui abbiamo un taglio delle calorie giornaliero, oppure utilizzare diversi schemi di digiuno intermittente.

In questa serie di articoli ci chiederemo:

  1. quali sono i benefici (per lo meno potenziali) del digiuno intermittente?
  2. effettuare un digiuno intermittente ha dei benefici a prescindere dal taglio di calorie?
  3. qual è il momento migliore della giornata in cui nutrirsi o digiunare?

Tipologie di digiuno intermittente

Vediamo alcune tipologie di digiuno intermittente:

  • l’ADF o il digiuno a giorni alterni, in cui ci sono giorni di dieta ad libitum, alternati a giorni in cui si consuma un solo pasto di 400-500 kcal;
  • il whole day fasting, in cui un giorno alla settimana si evita di introdurre le calorie;
  • la dieta di Walter Longo, in cui periodicamente, ogni 3-4 mesi circa, si effettuano 5 giorni di dieta ipocalorica sino a arrivare ad uno stato di chetosi;
  • il time restricted eating (TRE) se si parla di uomini o time restricted feeding (TRF) per gli animali, in cui le calorie vengono consumate in una determinata parte della giornata e si digiuna per il resto del tempo (ad esempio si mangia per 8 ore e si digiuna per 16).

Le risposte date dagli studi alle nostre domande, sono discordanti e spesso inconcludenti. La scoperta però di ritmi circadiani all’interno dei nostri organi, fin in ogni singola cellula, potrebbe iniziare rendere un po’ più chiara la questione.

Gli studi che presenteremo sono andati a cercare una sinergia tra ritmi circadiani e cicli di nutrizione/digiuno, al fine di ottenere dei vantaggi per la salute, in particolare attraverso i protocolli di time restricted eating/feeding.

Ti sembra complicato? Non sai quanto, ma seguimi per provare a capirci qualcosa insieme a me.

Le oscillazioni delle funzioni corporee

Abbiamo già indagato in questo articolo la presenza di ritmi ben definiti per quanto riguarda la nostre funzioni biologiche:

  • ritmi sonno/veglia;
  • la performance muscolare;
  • la motilità gastrointestinale;
  • la secrezione acida dello stomaco e degli enzimi digestivi;
  • la secrezione di vari ormoni come insulina, glucagone, cortisolo e melatonina;
  • la funzione di vari enzimi coinvolti nel metabolismo;
  • il momento della migliore performance cognitiva ed il momento in cui siamo sonnolenti;
  • la sensazione di fame e sazietà;
  • la temperatura corporea.

Insomma queste sono tutte funzioni che hanno un andamento ritmico nelle 24 ore, ed è fondamentale che oscillino in maniera ampia e robusta e che siano tutte coordinate tra loro.

Sarebbe un problema avere sempre fame, sentirsi sempre sazi, avere sempre sonno o essere sempre a “tremila”; come anche sarebbe un problema sentire fame durante la notte, o dover andare di corpo mentre dormiamo, come anche avere lo stomaco chiuso a pranzo o essere sonnolenti a mezzogiorno e stare al top la sera quando tutti gli altri stanno dormendo ( a meno che non siate un lavoratore su turni).

Insomma queste attività per poter essere efficaci e garantire la sopravvivenza, nonché la piena salute del nostro corpo devono:

  • oscillare ed alternarsi per rendere il nostro corpo sano ed efficace (fame/sazietà, sonno/veglia, attività fisica/riposo);
  • coordinarsi tra loro;
  • attivarsi o disattivarsi coordinandosi con l’ambiente esterno.

Capirete come alcune funzioni devono avere la massima espressione durante la veglia e le fase attiva della giornata e, viceversa, molte attività di riposo, rigenerazione e riparazione del nostro corpo devono avvenire nella fase di inattività, mentre dormiamo.

E chi si occupa di coordinare tutte queste funzioni in maniera efficace?

Come abbiamo visto nel precedente articolo il nucleo soprachiasmatico (SCN), una struttura presente nell’ipotalamo al di sopra del chiasma ottico, è l’orologio biologico delle nostre funzioni corporee e si coordina con l’ambiente esterno tramite la luce, che è il suo principale segnapassi.

Questa però è solo una parte della storia.

Infatti vi è un orologio biologico in ogni singolo organo, come muscoli, tessuto adiposo fegato e sistema gastrointestinale, anzi in ogni singola cellula.

Il SCN influenza questi orologi periferici tramite vari meccanismi:

  • la secrezione di glucocorticoidi e melatonina, che regola tramite collegamenti alla ghiandola surrenale e pineale;
  • le variazioni circadiane della temperatura corporea, di cui è responsabile;
  • l’influenza sul comportamento, in particolare l’assunzione di cibo. L’SCN è collegato al centro ipotalamico regolatore della sensazione di fame e sazietà e, inducendo queste due sensazioni, influenza i cicli di alimentazione o digiuno.

In questo modo l’SCN coordina le attività degli orologi periferici con quello centrale, ed inoltre con il principale stimolo ambientale da cui è influenzato: la luce solare o la sua assenza.

Banalmente possiamo dire che favorisce l’assunzione di cibo durante le ore di attività e luce (nell’uomo), come anche aumenta la motilità intestinale di mattina, favorendo l’eliminazione di scorie, ma la riduce di sera ed induce un senso di sazietà, permettendo il riposo.

Ma se la motilità gastrointestinale è ridotta di sera potrei avere qualche difficoltà a digerire se mangio del cibo in tarda serata…Incominciate a capire dove vogliamo andare a parare?

Influenza del cibo sugli orologi periferici

Come il SCN ha la sua attività fortemente influenzata e regolata dalla luce, così gli orologi periferici sono fortemente influenzati e regolati nella loro attività dall’ introduzione di cibo.

Il nostro organismo ha tutta una serie di meccanismi che sono in grado di rilevare la presenza di nutrienti (o la loro carenza) e di attuare una serie di modifiche ormonali e biochimiche atte a riportare l’omeostasi (l’equilibrio). Ad esempio se io mangio un bel piatto di pasta alle 11 di sera quando l’SCN mi stai dicendo di andare a dormire e suggerisce agli organi periferici che questo è il momento di digiunare, prepararsi a riparare il corpo e mantenere stabile la glicemia, alla prima forchettata di spaghetti gli occhi strabuzzeranno, l’intestino inizierà ad assorbire i carboidrati e il pancreas a produrre insulina per permettere al glucosio di entrare nelle cellule.

Quindi vediamo come gli orologi periferici sono influenzati da tre fattori

  • l’attività dell’SCN;
  • il proprio orologio biologico;
  • l’introduzione di cibo.

L’orologio biologico periferico viene condizionato e resettato dall’orario in cui assumiamo dei nutrienti.

Se i topi vengono nutriti durante la fase di riposo, l’oscillazione dei fattori di trascrizione circadiani nel fegato avviene in maniera opposta rispetto a quella dettata dall’SCN, senza tener conto della esposizione alla luce. Si perde a questo punto la loro sinergia.

L’orologio periferico registra il momento in cui abitualmente il cibo viene assunto e quindi impara a prepararsi. Se io pranzo sempre all’una, il mio apparato digerente si inizia a preparare già 15-30 min prima, mettendosi in assetto da guerra per assorbire meglio il cibo, il pancreas si appresta a secernere insulina, i muscoli ad assorbire zucchero, il fegato ad accumulare glicogeno e produrre grassi da stoccare. Non per niente inizierò a sentire fame intorno a quell’ora.

La spinta all’ espressione di tutti quei geni del ritmo circadiano che influenzano queste funzioni declina dopo due ore. Se l’introduzione del cibo avviene al declino di questa espressione, i geni coinvolti nell’ assorbimento e distribuzione dei nutrienti hanno comunque la loro espressione, ma rimane subottimale.

Se iniziamo ad assumere pasti in momenti diversi, il nostro orologio circadiano registra il cambiamento e modifica il suo timing, preparandosi nel giro di qualche giorno ad accogliere il cibo in un orario diverso.

Vi sono degli esperimenti interessanti che valutano l’impatto di una assunzione irregolare di pasti durante la giornata. Ne vedremo due.

Esperimento 1: assunzione di cibo in un giorno di 28 ore

Dieci soggetti di cui 5 donne e 5 uomini sono stati nutriti per 10 giorni con pasti regolari, però come se il giorno durasse 28 ore. Questo disallineamento circadiano con l’orario in cui comunemente consumavano i pasti (anche se hanno consumato una dieta isocalorica rispetto alla loro precedente) ha portato ad una:

  • aumento dei livelli di leptina (l’ormone che ci dà il senso di fame);
  • un aumento dei livelli medi di insulina del 22%;
  • un aumento della pressione arteriosa del 3%;
  • un’ alterazione dei ritmi di secrezione del cortisolo;
  • una riduzione della efficienza del sonno del 22%;
  • un aumento del glucosio a digiuno; in tre pazienti i livelli del glucosio a digiuno sono arrivati ad un intervallo pari a quello di un paziente prediabetico.

Esperimento 2: assunzione di pasti in orari a ca…volo

In un altro interessante studio furono reclutate 9 donne tra i 18 e 42 anni, normopeso, e furono fatti seguire due tipi diversi di alimentazione: in un gruppo vi era una assunzione di 6 pasti ad orari regolari mentre nell’altro gruppo vi era l’assunzione di 3-9 pasti al giorno assunti ad orari assolutamente irregolari. Questo fu il risultato nel secondo gruppo:

  • un peggioramento della sensibilità insulinica (con un aumento dei livelli di insulina ai pasti);
  • un peggioramento del profilo lipidico (aumento di colesterolo e trigliceridi);
  • un aumento dell’acido urico.

Nel complesso nei 14 giorni di studio, senza cambiare la composizione della dieta, si può notare come vi sia un peggioramento della salute metabolica e un conseguente aumentato rischio di patologie croniche e cardiovascolari.

Possiamo quindi concludere che un’ irregolarità nell’orario di assunzione dei pasti, porta ad un peggioramento della nostra salute metabolica, del nostro senso di fame e sazietà, a prescindere dalle calorie introdotte.

Basi molecolari dei ritmi circadiani

L’espressione dei vari geni è determinata dall’oscillazione di fattori che crescono e decrescono durante il giorno e la notte, determinando la trascrizione di geni diversi, in diverse fasi delle 24 ore.

Vediamo in maniera rapida e sommaria quali sono questi fattori di trascrizione:

  • il dimero Clock/Block, presente a più alti livelli di notte;
  • Il dimero Per/Cry, presente a più alti livelli di giorno.

Il primo dimero, Clock/Block determina l’aumento della trascrizione, e quindi dei livelli, di Per/Cry che quindi sarà presente ai massimi livelli la mattina e si “consumerà” durante la giornata. Questo perché Cry/Per provoca una inibizione di Clock/Block, quindi, raggiunto un certo numero di unità, non se ne forma più. Man mano che la durante la giornata si “consuma”, Clock/Block riprenderà ad aumentare di quantità e a formarlo.

In questo modo ingegnoso questi fattori di trascrizione ciclizzano, alternandosi nelle 24 ore.

Conseguenze di una delezione sperimentale dei geni circadiani

L’inattivazione di Bmal in cavie di laboratorio può portare alla insulino-resistenza e intolleranza al glucosio e i topi mutati sono più predisposti a iperleptinemia, iperglicemia e ipoinsulinemia.

Se Bmal viene eliminato solo a livello epatico, porta ad ipoglicemia (ed aumento del senso di fame), se eliminato a livello del pancreas induce una riduzione della secrezione di insulina e della tolleranza al glucosio.

Topi con mutazione di Per perdono l’ associazione tra periodo di attività e introduzione di cibo e tendono ad alimentarsi continuamente fino a diventare obesi.

Tutte queste alterazioni nei topi mutati vengono frenate e modulate in qualche modo se vengono sottoposte a TRF, con normalizzazione e nuova ciclizzazione della fame e della sazietà.

Se prendiamo dei topi in cui vi è una abolizione per mutazione dei geni dei ritmi circadiani, l’espressione ritmica dei trascritti epatici è abolita. Viene però ripristinata se sono costretti ad alimentarsi in un periodo di 8 ore e a digiunare per 16.

Il succo del discorso è che i fattori di trascrizione circadiani sono importanti per la massima espressione dei geni che regolano il nostro metabolismo. Una loro compromissione può peggiorare la salute metabolica (per lo meno nelle cavie di laboratorio), ma il TRF porta ad una massimizzazione dei trascritti epatici ed un annullamento degli effetti deleteri sul metabolismo.

Night eating syndrome

Negli esseri umani vi è una situazione analoga a quella dei topi con la mutazione Per, in cui i pazienti hanno un ritmo circadiano disturbato, con un conseguente schema alimentare disordinato: stiamo parlando dei pazienti con la night eating syndrome.

Questi pazienti hanno un ritmo sonno-veglia alterato, che li porta a svegliarsi la notte e ad abbuffarsi di cibo. L’assunzione di cibo, in particolare carboidrati, favorirebbe l’addormentamento, ma sul lungo periodo questo fenomeno di compensazione porterebbe a:

  • una carenza di sonno, che predisporrebbe ad un peggioramento dei parametri metabolici a prescindere dalla variazione dell’introito calorico;
  • un’ alterazione del senso della fame/sazietà;
  • ad un surplus calorico;

Insomma svegliarsi e mangiare di notte comporterebbe una distruzione dei normali ritmi circadiani, con un aumentato rischio per il soggetto di diventare sovrappeso/obeso e aumentare la probabilità di insorgenza di patologie cronico-degenerative.

Magari anche in questi soggetti vi potrebbe essere qualche mutazione a carico dei geni regolatori dei ritmi circadiani ed il TRE potrebbe ripristinare i ritmi i normali cicli di fame/sazietà e sonno/veglia.

TRF e ritmi circadiani

I topi costretti al digiuno, hanno l’espressione dei fattori epatici coinvolti nel metabolismo energetico maggiormente durante la fase attiva, in sinergia con i segnali dell’SCN.

I topi che possono nutrirsi ad libitum, tendono ad alimentarsi di più durante la fase attiva che è anche quella in cui vi è un maggior dispendio calorico col movimento, anche perché tendono a dormire nella fase di riposo.

Se il topo è sottoposto ad un regime di TRF ed è costretto ad alimentarsi in 8 ore, mantenendo la stessa quantità di calorie, l’espressione dei geni di cui parlavamo prima è notevolmente amplificata.

In un recentissimo studio a due gruppi di topi è stata data una dieta tipicamente occidentale, ricca di zuccheri e lipidi, solo che un gruppo è stato nutrito per 9 ore, l’altro a poteva mangiare per un numero di ore non limitato, ad libitum. La dieta nei due gruppi era isocalorica.

Sono stati prelevati differenti organi e valutata la differente espressione genica. Sotto l’azione del TRF era modificata l’espressione di 80% dei geni o veniva rinforzata la loro ritmicità.

Il TRF:

  • riduceva la trascrizione dei geni coinvolti nella trasmissione della cascata infiammatoria e del metabolismo glicerolipidico;
  • aumentava l’espressione dei geni coinvolti nella formazione dell’RNA e della sintesi proteica;
  • aumentava l’espressione dei geni coinvolti nell’ autofagia,
  • andava a ricablare l’espressione dei geni coinvolti nel metabolismo di aminoacidi, BCAA, glucosio e lipidi.

E’ molto interessante notare che è stata rilevata la modificazione dell’espressione dei geni in 22 regioni corporee, non solo connesse con la digestione e l’assorbimento dei nutrienti, ma anche nel sistema nervoso centrale, tra cui l’ippocampo, nonchè in ghiandole come il pancreas e il surrene.

Vi è quindi una regolazione della funzione di alcune aree ipotalamiche (dove abbiamo tra l’altro i centri di fame e sazietà), e la regolazione della secrezione ormonale.

L’attività di tutti questi organi e la loro espressione genica veniva coordinata in due ondate: quella del digiuno e quella della nutrizione.

Il TRF aumenta l’espressione dei geni regolatori dei ritmi circadiani e dei loro inibitori, aumentando i picchi di oscillazione. Questi fattori a loro volta sono correlati con l’espressione di elementi coinvolti nella regolazione del metabolismo e dei livelli di glucosio, insulina e lipidi, nonché la regolazione della sensazione di fame e sazietà, dell’infiammazione e della autofagia, che è quel processo per cui la cellula, nella fase di riposo, autofagocita le sue parti danneggiate utilizzandole a scopo energetico e le rimpiazza con parti funzionanti, ringiovanendo e migliorando la sua funzione, rallentando il suo invecchiamento.

Nei topi sottoposti a nutrizione ipercalorica ad libitum vi è un’ attivazione continua di mTor, un fattore di trascrizione coinvolto nell’anabolismo e crescita muscolare e cellulare. La sua eccessiva stimolazione comporta però un’ inibizione del processo di autofagia. Con il TRF nel topo, in una dieta isocalorica si ripristina l’oscillazione della attivazione/spegnimento dell’mTOR.

Qualità dei nutrienti e ritmi circadiani

Ora abbiamo visto come l’assunzione dei nutrienti ed il suo timing influenza il ritmo circadiano degli organi periferici. Ora vedremo come questo ritmo può essere influenzato dalla composizione della dieta.

I topi in cui la dieta è ricca di acidi grassi saturi e di sucralosio, la tendenza è a mangiare durante tutto il giorno. Questa dieta porta a compromettere il ritmo circadiano: i ritmi epatici sono fortemente ridotti, come anche a livello cerebrale; in particolare l’alternanza di fame/sazietà è completamente abolita e questi topi mangiano in continuazione, fino a diventare obesi.

Sembra che gli acidi grassi saturi a prescindere da una dieta ipercalorica, alterino la regolarità delle oscillazioni circadiane e che questi effetti siano frenati dall’ introduzione di acidi grassi insaturi (in particolare DHA).

TRF ed obesità

Se i topi vengono nutriti con una dieta ricca di grassi saturi e zucchero, ma possono accedere ai nutrienti in un intervallo di solo 8-11 ore, digiunando le ore restanti, a parità di calorie, i topi sono protetti contro:

  • l’obesità,
  • l’aumento della infiammazione,
  • la steatosi epatica,
  • il diabete e tutte le patologie metaboliche e cronico-degenerative che ne conseguono.

Quanto più ci si avvicinava alla finestra temporale di 8 ore, tanto più i benefici sono marcati.

Time-Restricted Eating: Benefits, Mechanisms, and Challenges in Translation

TRF e malattie neurodegenerative

In un’altro interessante esperimento sui topi è stata utilizzata una neurotossina che distrugge i neuroni producenti dopamina, provocando una sindrome del tutto simile a quella parkinsoniana e alla Corea di Hungtinton.

Se i topi venivano sottoposti a TRE e ad attività fisica, vi era una minor distruzione cellulare ed un più rapido recupero delle funzioni perse.

In modelli murini di Corea di Huntington (cioè geneticamente predisposti a sviluppare tale patologia), l’applicazione del TRE a 8 ore ha provocato:

  • un miglioramento della qualità sonno;
  • un aumento della capacità di coordinazione motoria (persa nella corea);
  • un miglioramento della funzionalità del sistema nervoso autonomo (aumento della variabilità cardiaca);
  • una riduzione della espressione dei geni coinvolti nello sviluppo della patologia;
  • una completa remissione dei sintomi a tre mesi.

Sia il digiuno che l’attività fisica sono due fattori coinvolti nella secrezione del fattore neurotrofico cerebrale o BDNF, un fattore liberato in seguito a stress che ha lo scopo di rendere i neuroni resistenti allo stress stesso. Aiuta a riparare i neuroni danneggiati, e migliora la plasticità neuronale, aumentando le connessioni dendritiche.

Il digiuno determina inoltre un aumento dei corpi chetonici, una fonte di energia alternativa al glucosio, utilizzata in condizioni di emergenza.

Sotto questi stimoli i mitocondri si adattano aumentando di volume e di numero, e questo gli permette di produrre più energia (ATP), per affrontare efficacemente il fattore stressogeno.

Questi due fattori possono essere le cause per cui, nel topo, il TRF migliora la salute cerebrale prevenendo ed aiutando a curare le patologie neurodegenerative.

Chissà se per l’uomo possa avvenire lo stesso…

Tre e malattie cardiache

Nel moscerino della frutta sottoposto a TRF vi è rispetto ai moscerini sottoposti ad alimentazione ad libitum isocalorica:

  • un rallentamento dell’invecchiamento cardiaco (con miglioramento della funzione sistolica e diastolica),
  • una minore presenza di aritmie.
  • nei moscerini della frutta anziani, con il cuore invecchiato e aritmie, se sottoposti a TRF, vi è un ringiovanimento del cuore e riduzione delle aritmie;
  • una minore produzione di radicali liberi (ROS);
  • un miglioramento della funzionalità del reticolo sarcoplasmatico, responsabile della produzione di proteine normofunzionanti;
  • miglioramento della risposta allo stress e della qualità del sonno.

Evidentemente la produzione di proteine normofunzionanti, meno danneggiate da radicali liberi, insieme ad un migliore gestione dello stress e della qualità del sonno, conduce ad un migliormanto della funzionalità cardiaca e una riduzione del rischio di avere aritmie.

Benefici del digiuno intermittente (TRF) sulle cavie di laboratorio

Ricapitoliamo tutti gli effetti che i vari esperimenti hanno rilevato nei topi e nel moscerino della frutta sottoposti a TRE di 8-11 ore:

  • riduzione del peso;
  • miglioramento del controllo dei livelli di glucosio;
  • riduzione dei livelli di insulina;
  • riduzione pressione arteriosa;
  • aumento della conversione del colesterolo in acidi biliari e prevenzione/miglioramento dell’ iperlipemia (aumenta l’espressione dei geni coinvolti nella trasformazione del colesterolo in acidi biliari);
  • riduzione della steatosi epatica;
  • riduzione dei markers di infiammazione;
  • riduzione della crescita tumorale;
  • aumento della lifespan;
  • aumento della durata del sonno;
  • aumento della massa magra e riduzione della massa grassa;
  • miglioramento della coordinazione e della resistenza allo sforzo;
  • rallentamento dell’invecchiamento cardiaco.

Tutti questi effetti si hanno in rapporto ad un gruppo controllo che effettua una dieta isocalorica. Inoltre gli effetti aumentano notevolmente ogni ora di digiuno in più, fino alle 16 ore di digiuno. Scendendo sotto le 8 ore di finestra di alimentazione le cavie tendevano ad introdurre meno calorie.

Conclusioni

Per capire l’ effettiva possibilità di un beneficio del TRE nell’essere umano, dobbiamo ragionare in maniera ciclica. Quello che effettuiamo in un momento, innesca un ciclo che durerà ore.

Nel momento in cui introduciamo il cibo andiamo a resettare gli orologi periferici a prescindere dal segnale della luce. Gli andiamo a dire: “Ok, per le prossime 8-10 ore io introdurrò cibo, quindi preparati a digerire, assorbire e stoccare al meglio! E mi raccomando: io lo voglio tutto nel muscolo e solo l’inevitabile nella pancia!”.

Finite queste 8-10 ore di massima efficienza il nostro orologio biologico si sposta verso le attività di riparazione, rigenerazione e rimozione di xenobiotici. In sinergia con l’SCN, queste attività avvengono prevalentemente durante la notte, e durante una fase di digiuno.

Se noi andiamo ad introdurre cibo al di fuori di quelle 10 ore, l’orologio si resetta e smette di fare le attività di pulizia e inizierà a processare il cibo, ma non in maniera efficiente come prima e ci vorranno ulteriori ore per riprendere ad effettuare le attività che aveva interrotto.

Il TRF nelle cavie ha dei risultati straordinari. Ma nell’uomo avrà gli stessi effetti? Abbiamo trovato il santo graal della dietetica che ci permette di abbuffarci come maiali ma rimanere sempre belli e snelli come Brad Pitt? Tu mamma potrai ingozzare tuo figlio in 10 ore massimo, così stai sicura che ha mangiato abbastanza e stai anche sicura che non diventi obeso?

Gli effetti nell’uomo non sono però così eclatanti. Possiamo trovare una similitudine tra benefici del TRF nei topi e la restrizione calorica nel soggetto sovrappeso/obeso.

Ma che succede se non abbiamo una restrizione calorica?

Il TRE, a prescindere dalla restrizione calorica, massimizzando le oscillazioni dei trascritti degli orologi periferici, può aiutare a regolare il senso di fame e sazietà, i ritmi sonno/veglia ed i livelli di insulina. Lo vedremo meglio nel prossimo articolo.

Fonti:

Time-Restricted Eating per prevenire e gestire le malattie metaboliche croniche

Time restricted eating: vantaggi, meccanismi e sfide nell’applicazione sull’essere umano

Il Time-Restricted Feeding migliora la sensibilità all’insulina, la pressione sanguigna e lo stress ossidativo anche senza perdita di peso negli uomini con prediabete

Effetti del time restricted feeding di 8 ore sul peso corporeo e fattori di rischio di malattie metaboliche negli adulti obesi: uno studio pilota

Il Time-Restricted Feeding migliora la tolleranza al glucosio negli uomini a rischio di diabete di tipo 2: uno studio incrociato randomizzato

Uno studio di fattibilità pilota che esplora gli effetti di un moderato intervento di alimentazione a tempo limitato sull’assunzione di energia, l’adiposità e la fisiologia metabolica in soggetti umani a vita libera

Un’app per smartphone rivela modelli alimentari diurni irregolari negli esseri umani che possono essere modulati per benefici per la salute

Il Time restyricted eating migliora i livelli di glucosio nelle 24 ore e influenza i marcatori dell’orologio circadiano, dell’invecchiamento e dell’autofagia negli esseri umani

La frequenza regolare dei pasti crea una sensibilità all’insulina e profili lipidici più appropriati rispetto alla frequenza irregolare dei pasti nelle donne magre sane

Effetti di otto settimane di alimentazione a tempo limitato (16/8) su metabolismo basale, forza massimale, composizione corporea, infiammazione e fattori di rischio cardiovascolare nei maschi allenati con resistenza

Uno studio controllato randomizzato sul time restricted eating in volontari sani senza obesità

Conseguenze metaboliche e cardiovascolari avverse del disallineamento circadiano

Frequenza e tempistica dei pasti in salute e malattia

Orologi circadiani periferici e centrali nei mammiferi

Panorama del trascrittoma diurno di una risposta multi-tessuto all’alimentazione a tempo limitato nei mammiferi

Bibliografia

Project diet, di Daniele Esposito

La dieta circadiana, di Satchin Panda

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