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Come usare la vitamina D per prevenire l’influenza e le infezioni delle alte vie respiratorie

La vitamina D può essere utilizata per prevenire l'influenza e le infezioni delle alte vie respiratorie, sia esponendoci al sole, sia assumendola come integratore.

Punti chiave:

  • Le infezioni delle alte vie respiratorie hanno un andamento stagionale, aumentando nel periodo invernale in incidenza e gravità;
  • Uno dei fattori responsabili di questo andamento sono le UVB.
  • Le UVB fanno aumentatare i livelli ematologici di vitamina D.
  • Avere i livelli di vitamina D ad un valore inferire a 10 ng/ml porta un rischio molto elevato di contrarre infezioni delle alte vie respiratorie (URTI), influenza A, soprattutto se negli asmatici o bronchitici cronici, nonchè un aumento di mortalità, ammissione in terapia intensiva e necessità di ventilazione meccanica in caso di Covid-19;
  • Un valore tra 10 e 30 ng/ml l’incidenza di URTI scende, ma si ha ancora un rischio aumentato rispetto a chi ha valori superirori;
  • Oltre i 30 ng/ml si ha la massima riduzione di incidenza.
  • Si possono ottenere ulteriori benefici incrementando ulteriormente il mio valore di vitamina D ematica fino a 50 ng/ml (gli autori riportano come valore ottimale tra 40 e 60 ng/ml).
  • La somministrazione di vitamina D come integratore a scopo profilattico deve essere giornaliera, tra le 3000 e 4000 UI/die.

Introduzione

Nel 1981, quando ancora non c’era la ricetta dematerializzata, nè il cellulare che squillava ad ogni ora del giorno per le più disparate “urgenze”, quando ancora non dovevamo convincere i pazienti che l’antibiotico non serve per il mal di gola e che i farmaci presi per bocca funzionano quanto quelli somministrati per puntura, Robert Edgar Hope-Simpson, un medico di famiglia, che non solo faceva ancora il medico, ma riusciva anche a fare ricerche epidemiologiche, notò che le epidemie di influenza A avevano un andamento stagionale, in particolare vi era un picco nei mesi che seguivano il solstizio d’inverno.

Propose che la radiazione solare, in particolare le UVB, potevano essere responsabili di uno stimolo stagionale, causante l’aumento dei casi di influenza A e della loro gravità nelle zone con climi temperati.

Anche nei climi tropicali, in cui non vie era un sostanziale cambiamento di temperatura durante l’anno, vi era un picco influenzale durate la stagione delle piogge.

Chi vuole indagare adeguatamente la medicina dovrebbe procedere così: in primo luogo considerare le stagioni dell’anno. Ippocrate

Robert Edgar Hope-Simpson che non era proprio un fesso pur essendo un medico di famiglia, (fu infatti il primo a capire che l’herpes zoster o per meglio dire il fuoco di sant’antonio era dovuto ad una riattivazione del virus della varicella), si spinse oltre: ipotizzò che vi era un ormone che aumentava in seguito alla esposizione ai raggi solari e che decresceva quando questi non vi erano.

Questo ormone era, a dir suo, importante per la funzione del sistema immunitario e la sua riduzione nel sangue era correlata con la patogenesi della influenza.

Sarà vero, sarà falso, Sara Ferguson?

Perché le infezioni delle alte vie respiratorie aumentano nelle stagioni fredde

Consideriamo che complessivamente che ci sono vari fattori responsabili dell’aumento delle infezioni delle vie respiratorie in inverno, e tra queste:

  • l’aumento dell’ umidità dell’aria e la bassa temperatura favoriscono la sopravvivenza del virus all’esterno del corpo umano;
  • lo stare per più tempo in luoghi chiusi non ventilati, favorisce lo scambio del virus tra le persone e la sua persistenza;
  • la ridotta funzione della clearance mucociliare delle vie respiratorie a causa del freddo;
  • il raffreddamento delle estremità. Non so se avete esperienza di avere sintomi da raffreddamento dopo aver toccato coi piedi nudi delle superfici gelide. Vi sembrerà strano ma ci sono degli studi in cui si è notata un aumento del 10 % della sintomatologia rinitica nei soggetti che appunto subivano un raffreddamento delle estremità.

Insomma a parte tutti questi fattori, ci chiediamo se la carenza di questo fattore steroideo individuato dal nostro mitico medico di famiglia/ricercatore, possa portare a questo aumento di incidenza di influenza.

Ovviamente come avrete già capito la protagonista indiscussa di questo articolo è la vitamina D, la vitamina più amata dagli italiani. No quelle sono le cucine scavolini. Diciamo che è la più studiata non solo dagli italiani ma da tutto il mondo negli ultimi anni.

La vitamina D non è una vitamina, bensì un pro-ormone steroideo presente in quantità piuttosto limitate nel cibo, ma è soprattutto prodotta quando noi (indovinate un po’?) ci esponiamo al sole. Ma non al sole in qualsiasi momento della giornata ma al sole quando sono presenti le UVB e cioè tra le 10 della mattina e le tre del pomeriggio. In queste ore se esponiamo la nostra cute al sole, produciamo appunto la vitamina D, ma non in ogni momento dell’anno per lo meno alle latitudini a cui viviamo noi.

Produciamo la vitamina D a partire da aprile fino ad ottobre (soprattutto da maggio ad agosto). Nei mesi invernali vi è una inclinazione tale delle UVB che ne porta una maggiore difficoltà ad attraversare lo strato di ozono e e a colpire te nudista che stai leggendo questo articolo, cercando ancora ad ottobre di prendere la tintarella anche lì.

UVB, olio di fegato di merluzzo nella prevenzione delle alte vie respiratorie

Eppure “certi vecchi antichi” lo sospettavano.

Se avete la mia età e chiedete ai vostri genitori, molto probabilmente alcuni di loro vi descriveranno la corroborante sensazione di deglutire l’olio di fegato di merluzzo la mattina appena svegli, invece del cappuccino, per rinforzare il sistema immunitario, in previsione dell’inverno. E mi chiedo come facciano oggi le donne osteoporotiche di una certa età a lamentarsi del sapore delle fiale di vitamina D, che fondamentalmente sono piene di olio d’ oliva, visto che un tempo assumevano, l’olio di fagato di merluzzo che dava appunto di merluzzo, ma quello del Capitano, e non mi riferisco al pesce pescato o ai sofficini.

Ci sono due studi che indicano la riduzione degli episodi di raffreddore del 50% e dell’assenteismo per infezioni delle alte vie repiratorie dal lavoro in gruppi di giovani adulti che hanno assunto tale integratore, ricco di vitamina D.

Ci sono vecchi studi in cui l’irraggiamento con UVB in gruppi di atleti riduceva l’incidenza di infezioni delle alte vie respiratorie durante l’anno.

La tubercolosi stessa era trattata in sanatori in cui ci si preoccupava di far esporre al sole gli ammalati.

Livelli ematologici di vitaminan D e incidenza di URTI

Ma poca roba. Vediamo ai giorni nostri e a studi più attuali e sostanzioni.

Ci chiediamo: i livelli di vitamina D sono correlati o no all’incidenza della influenza A e infezioni delle alte vie respiratorie (URTI)?

In uno studio è stato seguito un gruppo di quasi 19000 persone con più di 12 anni dal 1988 al 1994. Durante questo peridodo è stata valutata la probabilità che, in un dato momento, queste persone avessero avuto una URTI nei mesi precendenti in relazione ai livelli i vitamina D (i risultati furono corretti per stagione, per l’ abitudine tabagica, per la presenza di BPCO o asma, per il BMI):

  • se i pazienti avevano meno di 10 ng/ml la probabilità era del 24%
  • se i pazienti avevano tra 10 e 30 ng/ml la probabilità scendeva al 20%
  • con un valore superiore a 30nm/ml la probabilità scendeva ulterirormente al 17%.

Sembreranno valori poco significativi, ma tra il gruppo con meno di 10 ng/ml e quello con 30 ng/ml la probabilità di avere una URTI era del 55% in più. Mica bruscolini.

Questi risultati erano ancora più marcati nei soggetti asmatici e con BPCO:

  • un asmatico con meno di 10 ng/ml aveva 5 volte in più la probabilità di avere una URTI rispetto ad uno che avea vitamina D superiore a 30 ng/ml;
  • un BPCO con meno di 10 ng/ml aveva 2 volte in più la probabilità di sviluppare una URTI rispetto ad uno con più di 30 ng/ml.

Uno studio norvegese valutò invece un gruppo di pazienti seguiti tra il 1980 e il 2000. In questo periodo venne riscontrata una forte correlazione tra i livelli di vitamina D dei pazienti e le morti per influenza e polmonite.

Infine una coorte di 6789 paienti nati nel 1958 è stata seguita a partire dai 45 anni di età, valutando funzione polmonare, capacità vitale forzata e infezioni respiratorie. La funzione polmonare e le infezioni stagionali erano fortemente correlate ai livelli di vitamina D ed in particolare ogni 10 nm/L vi era una riduzione del 7% del rischio di contrarre tali infezioni.

Ok allora il nostro bravo medico di famiglia, epidemiologo autoformato forse aveva ragione. Me lo immagino mentre su una nuvoletta si liscia il mento compiaciuto nel vedere questi dati. Se adesso fosse qui tra noi, e non fosse impegnato a rinnovare piani terapeutici per pannoloni e a discutere col paziente su quale è l’esenzione che non gli fa pagare l’euro di ticket sulla ricetta, sicuramente si chiederebbe: “Se parto da un livello basale di carenza e integro la vitamina D ho comunque un effetto benefico?“.

Integrazione di vitamina D, URTI e influenza A

In un gruppo di bambini sono state integrate 1200 unità di vitamina D durante l’anno scolastico, tra il dicembre 2008 e marzo 2009. Ad un altro gruppo è stato dato un placebo. Questo è uno studio randomizzato in doppio cieco.

Contrassero sintomatologicamente l’influenza A:

  • 18 di 167 bambini del gruppo della vitamina D (il 10,8%)
  • 31 di 167 bambini del gruppo placebo (il 18,6%).

Se notiamo bene vediamo che i casi sono quasi raddoppiati. Da questo studio si evince che l’incidenza della influenza A si riduceva del 42% se si assumenva la vitamina D, e l’effetto era ancora più marcato se i bambini non l’ avevano mai assunto in vita loro come integratore e nei soggetti asmatici.

Proseguendo su questa scia, vediamo in una grossa metanalisi di trials randomizzati che ha raggruppato vari studi, prendendo in esame complessivamente un numero di pazienti pari a 11321, tra i 0 e 95 anni.

In questo caso avevamo:

  • una riduzione del rischio di infezione del 70% se il valore di partenza era meno di 10 ng/ml;
  • una riduzionde 25% superato il valore di 10 ng/ml;
  • una riduzione complessiva del 12 % di tutte le infezioni delle alte vie respiratorie.

Un aspetto fondamentale rilevato in questo studio era che per avere questo effetto si doveva attuare una somministrazione giornaliera. Man mano che ci si allontanava da questo tipo di somministrazione passando ad una settimanale, bisettimanale o addiruttura mensile, l’ effetto di prevenzione delle URTI, veniva sempre più meno, fino a svanire.

Visti i dati che abbiamo oggi, le prescrizioni che ancora vedono cicchetti di 100000 o 50000 unità al mese, possono andare bene per condire il pane con un po’ di pomodoro magari, oltre che per agire sul metabolismo dell’osso, ma di certo non aiutano per quanto riguarda la funzione di modulazione del sistema immunitario, per cui la vitamina D sta avendo sempre maggiori riscontri.

L’attività della vitamina D sul sistema immunitario

Quindi buoni livelli di vitamina D in partenza ci riducono l’incidenza delle alte vie respiratorie e della influena A, una mirata integrazione ci aiuta ulteriormente nella prevenzione…Ma potrebbe essere un aiuto nel trattamento delle infezioni delle alte vie respiratorie?

Per capire questo dobbiamo considerare un attimo come funziona la vitamina D e cosa fa per il nostro sistema immunitario.

Quando una molecola estranea entra nel nostro corpo che sia un virus, un batterio, un parassita un fungo o un informatore scientifico (ovviamente scherzo, massimo rispetto), questo viene riconosciuto da dei recettori chiamati TLR (toll-like receptor). I recettori TLR sono presenti su vari tipi di cellule tra cui le cellule del sistema immunitario, in particolari sui monociti/ macrofagi e sulle cellule dentìdritiche, facenti parte del sistema immunitario innato di cui abbiamo brevemente accennato nell’articolo sull’ N-acetil cisteina.

Il TLR riconosce l’LPS un frammento di parete dei batteri, le proteine che costituiscono la capsula virale, nonchè l’RNA del virus (il suo materiale genetico).

Avete presenti i poliziotti di “Siamo fatti così” tutti vestiti di bianco, che sembravano avvolti da un profilattico, e che aprivano la bocca peggio di Cicciolina? Esatto quelli.

Quando il TLR lega un agente estraneo, va a stimalare direttamente un enzima che si chiama, 1-alfa idrossilasi, responsabile della conversione della vitamina D nella sua forma attiva; aumenta inoltre anche i livelli del recettore della vitamina D (VDR).

A questo punto la vitamina D attivata si lega al suo recettore e va a trascrivere una serie di geni responsabili nel complesso di:

  • la produzione di catelicidine e defensine;
  • favorire il processo di fagocitosi (la vitamina D stimola il processo di autofagia);
  • aumentare il burst respiratorio dei macrofagi e quindi la produzione di ROS e NO responsabili dell’eliminazione del microbo fagocitato;
  • la produzione di enzimi lisosomiali, responsabili della sua digestione;
  • favorire la maturazione dei monociti/macrofagi aumentando la loro capacità di riconoscere gli antigeni (molecole estranee presente nei microbi invasori).

Le catelicidine e defensine che sono prodotte da:

  • monociti/macrofagi;
  • neutrofili;
  • cellule natural killer;
  • epitelio del tratto respiratorio.

Queste molecole intelligenti hanno varie funzioni:

  • ricoprono i batteri, rompendone la membrana e favorendone la fagocitosi da parte delle cellule su citate;
  • neutralizzano le tossine batteriche;
  • ricoprono i virus inibendone la replicazione;
  • richiamano ulteriori monociti/macrofagi;
  • favoriscono, una volta fagocitato, la rottura e l’uccisone dei microrganismi internalizzati nei vacuoli;
  • favoriscono la maturazione delle cellule dendritiche;
  • sono coinvolte nel processo della guarigione delle ferite;

Sono insomma degli antibiotici/antivirali naturali prodotti dal nostro organismo, e la loro produzione è stimolata dalla vitamina D (di contro una carenza ne riduce la produzione).

Quindi tu che leggi e hai l’impulso irresistibile a prenderti l’antibitico per il mal di gola perché sei assolutamente sicuro che altrimenti non ti passa e tutti gli anni hai fatto così e ti sei trovato bene e meglio di te non ti conosce nessuno e sai che senza augmentin ti porterai questo mal di gola per il resto della tua povera e miserabile vita da faringitico cronico, sappi che hai già nel tuo corpo degli antibiotici naturali, molto più benefici ed intelligenti di quelli che prendi come ansiolitico. Basta che ti esponi al sole d’estate o prendi della vitamina D se sei in inverno per averne di più. Se ti esponi al sole magari ti passa anche un po’ di ipocondria.

Ma se da un lato la vitamina D potenzia il nostro sistema immunitario innato, la prima difesa contro le invasioni, dall’altro è anche un grande modulatore con importanti effetti antinfiammatori, infatti:

  • stimola la trascrizione di geni coinvolti nella produzione e rigenerazione di glutatione (la glutatione reduttasi), di cui abbiamo parlato abbondantemente in questo articolo;
  • inibisce la attivazione della via della NF-kb (stimolata dal legame di TLR col microbo) che il virus utilizza per moltiplicarsi, e responsabile della produzione di una cascata importante di citochine proinfiammatorie;
  • inibisce la differenziazione dei linfociti B e la produzione degli anticorpi;
  • inibisce la maturazione delle cellule dendritiche la la produzione di citochine proinfiammatorie (TNF-alfa,IL-1 e Il- 6);
  • riduce l’attivazione e replicazione dei linfociti T- helper 1 che hanno una azione proinfiammatoria ( a loro volta producono citochine proinfiammatorie su citate e ROS);
  • favorisce la differenziazione dei linfociti T regolatori che producono citochine antinfiammatorie come IL -10, che va a stimolare i linfociti T-helper 2, che inceve hanno azione immunomodulante e antinfiammatoria.

Nel complesso vediamo come la vitamina D agisce intelligentemente per:

  1. debellare il più rapidamente possibile un agente estraneo appena entrato, ricoprendolo ci catelicidine e defensine e facendolo fagocitare da cellule dentritiche, monociti/macrofagi e neutrofili;
  2. pone un freno alla produzione di citochine inibendo direttamente la via che le produce (Nf-kb), aumentando il glutatione e riducendo i livelli di ROS (che stimolano la via dell’NF-kB) e inibendone la produzione della cellule dendritiche (di cui riduce la maturazione);
  3. modula la risposta immunitaria adattativa, evitando una eccessiva risposta infiammatoria che andrebbe a danneggiare il nostro corpo.

Un punto importante da sottolinerare è che l’eccessiva produzione di citochine infiammatorie è responsabile della gravità del quadro clinico influenzale.

La vitamina D aiuta a spezzare quel ciclo vizioso che porterebbe ad infiammare sempre più il corpo con un danno ai nostri tessuti e quadri clinici semre più gravi. Ne abbiamo già parlato nell’articolo su FANS e Covid-19 e in quello dell’ N-acetil cisteina.

Chissà se questa sua azione potrebbe essere utile anche per migliorare la risposta ai vaccini. Anche in questo caso però non vi sono studi a proposito.

Ipotesi di trattamento dell’influenza A e altre URTI con la vitamina D

Visti tutti questi effetti, ne possiamo postulare un eventuale utilizzo non solo per la prevenzione, ma anche per il trattamento delle infezioni delle alte vie respiratorie.

A questo proposito non abbiamo studi ma solo casi aneddotici e speculazioni:

  • Gerry Schwalfenberg riporta l’utilizzo nella loro clinica della cosìdetta “vitamin D hammer” da me ribattezzata “la mazzata di vitamina D“: un utilizzo in pazienti con influenza A di 50000 UI di vitamina D, seguiti da 10000 UI/die, porta a risoluzione dei sintomi da influenza A nel giro di 48/72 ore;
  • altri autori consigliano dosi farmacologiche di vitamina D, già testate per trattare l’iperparatiroidismo, pari a 1000/2000 UI pro kg/die per alcuni giorni, per trattare le URTI.

Dal mio punto di vista penso che se un soggetto abbia una URTI e al contempo non stia integrando la vitamina D e oltre a questo abbia una forte indicazione clinica di una carenza (obesità, età avanzata, pelle scura, mancata esposizione al sole), abbia senso dare un bel bolo di vitamina D (es: 50000 UI) per uno o due giorni) per poi proseguire con una somministrazione giornaliera adeguata al caso. Sicuramente male non gli farà.

Vitamina D e Covid-19

Scommetto che il nostro curiosissimo Robert Edgar Hope-Simpson si sta rivoltando nella tomba per non essere in grado di mettersi a fare studi epidemiologici che correlino i livelli di vitamina D e l’andamento della patologia del Covid-19.

Nel Covid-19 è stata riscontrata una correlazione tra insufficienza di vitamina D e il rischio di contrarre l’infezione clinicamente sintomatica. In particolare è stato visto che un valore inferiore a 30 ng/ml aumentava dell’80% il rischio di contrarre il covid.

Inoltre, in un altro studio, i livelli erano significamente correlati con la mortalità. Bassi livelli di vitamina D aumentavano notevolmente la mortalità e questa si riduceva progressivamente fino a raggiungere il minimo a 50 ng/ml. Questi valori erano corretti per età, sesso e patologia diabetica.

Ma quindi cosa accade se partendo da un valore basso, integro la vitamina D?

In una metanalisi di studi randomizzati da me considerata:

  • non c’è stato nessun effetto protettivo da parte della vitamina D sulla incidenza dell’ infezione da Covid;
  • è stata riscontrata una riduzione del 52% della mortalità;
  • è stata riscontrata una riduzione del 65% del rischio di ammissione in terapia intensiva;
  • è stata riscontrata una riduzione del 46% di dover ricorrere alla ventilazione meccanica.

La dose di vitamina D da assumere come prevenzione

Riassumendo tutto quello che abbiamo compreso:

  • avere un valore inferiore a 10 ng/ml mi porta un rischio molto elevato di contrarre URTI, influenza A, soprattutto se sono asmatico o bronchitico cronico, nonché di mortalità, ammissione in terapia intensiva e ventilazione meccanica in caso di Covid-19;
  • se ho un valore tra 10 e 30 ng/ml l’incidenza di URTI scende, ma ho ancora un rischio aumentato rispetto a chi ha valori superiori;
  • oltre i 30 ng/ml ho la massima riduzione di incidenza;
  • posso ottenere ulteriori benefici incrementando ulteriormente il mio valore di vitamina D ematico fino a 50 ng/ml (gli autori riportano come valore ottimale tra 40 e 60 ng/ml);
  • la somministrazione di vitamina D come integratore a scopo profilattico deve essere GIORNALIERA.

E come faccio a raggiungere questi valori?

  • una somministrazione di 2000 UI/die per un anno in un campione di donne Africane non ha permesso di raggiungere un valore di 32 ng/ml nel 40% dei casi.
  • 4000 unità/die in un gruppo di uomini canadesi di mezza età ha permesso di raggiungere un valore dopo sei mesi di 44 ng/ml;
  • 3000 UI/die ha permesso di raggiungere nel 97% dei casi un valore di 35 ng/ml in gruppo di statunitensi;
  • 5000 UI/die possono essere necessarie in soggetti obesi con la pella molto scura, e persone che tendono a stare al chiuso ed non esporsi al sole, per raggiungere un valore di 50 ng/ml.
  • 4000 UI/ die per 8 settimane hanno fatto passare un valore in un gruppo di individui da 20 ng/ml a 40 ng/ml.
  • 10000 UI/die per 8 settimane fanno passare una valore di 20 ng/ml a 67 ng/ml.

L’integrazione di vitamina D andrebbe valutata sul singolo individuo, considerando altri parametri di cui parleremo in un prossimo articolo.

Volendo però fare un discorso generale che permette di applicare un intervento semplice e sicuro su larga scala direi, che una dose di 3000/4000 unità/die dovrebbe essere in grado di far raggiungere alla stragande maggioranza di noi un livelli vicino ai 40 ng/ml, così da avere una buona protezione dalle URTI. Considerando le formulazioni in gocce, che da noi sono le più diffuse, corrisponderebbero a 12-16 gocce giornaliere.

In soggetti con valori minori di 10 ng/ml o in cui ho un forte sospetto clinico di carenza importante, può avere senso fare una dose iniziale con 50000 UI/die per alcuni giorni, o 10000 UI/die per un mese, per raggiungere un livello di sicurezza di vitamina D per poi mantenerlo con 3000 UI/die.

Partendo con una somministrazione giornaliera di 3000 UI/die, raggiungerò comunque il livello da me desiderato, ma ci vorrà più tempo.

Conclusioni

E così il nostro viaggio giunge al termine. Siamo partiti dalle osservazioni di un medico di famiglia nel 1981, per arrivare alle valutazioni delle ultime metanalisi nel 2022 sul Covid-19.

Già dall’inizio della pandemia alcuni autori avevano suggerito di far attenzione ai livelli di vitamina D e che, date tutte le evidenze che vi ho elencato, sarebbe potuto essere benefico monitorarne i livelli. Eppure le indicazioni erano tachipirina e vigile attesa.

Non solo: durante la pandemia è stata varata la nota 96, che limitava fortemente ai medici di famiglia la possibilità di prescrivere la vitamina D, sottolienando come il valore di 20 ng/ml risultasse sufficiente per svolgere le funzioni scientificamente documenatate della Vitamina D.

Bah, a me non sembra così e credo che, se avete letto attentamente, non sembrerà così nemmeno a voi.

Migliaia di persone continuano a morire in tutto il mondo per l’influenza.

Quando si è capito che lo scorbuto era dovuto alla carenza di vitamina C sono passati 100 anni prima che venissero sistematicamente integrati delle scorte di limone sulle navi. 100 anni di persone che hanno continuato a morire. Speriamo questa volta di metterci qualcosina in meno.

Se questo articolo ti ha incuriosito e se ci sono altri aspetti della vitamina D che vorresti approfondire ti prego di condividerlo e di riempirmi di domande.

Fonti:

Epidemia di influenza e vitamina D

Associazione tra livelli ematici di vitamina D e infezioni delle alte vie aeree

Studio randomizzato di supplementazione di vitamina D per prevenire l’influenza stagionale A negli scolari

Attivazione del recettore toll-like di una risposta antimicrobica umana mediata dalla vitamina D

Vitamina D e infezioni delle alte vie respiratorie: una revisione sistematica e una meta-analisi di studi controllati randomizzati

Supplementazione di vitamina D per prevenire le infezioni acute del tratto respiratorio: revisione sistematica e meta-analisi dei dati dei singoli partecipanti

Vitamina D e il sistema immunitario

L’ 1,25-diidrossivitamina D3 è un induttore diretto dell’espressione genica del peptide antimicrobico

Induzione della catelicidina nelle cellule epiteliali bronchiali normali e CF da parte della 1,25-diidrossivitamina D3

Una rassegna del ruolo critico della vitamina D nel funzionamento del sistema immunitario e delle implicazioni cliniche della carenza di vitamina D

Valutazione del rischio per la vitamina D

Vitamina D e influenza: prevenzione o terapia?

Vitamina D per l’influenaza

L’impatto del livello di vitamina D sull’infezione da COVID-19

Il rischio di mortalità per COVID-19 è inversamente correlato allo stato della vitamina D3 e un tasso di mortalità vicino allo zero potrebbe teoricamente essere raggiunto a 50 ng/mL 25(OH)D3

Effetti della supplementazione di vitamina D sui risultati correlati a COVID-19: una revisione sistematica e una meta-analisi

L’integrazione di vitamina D riduce la gravità del COVID-19?

Prove che la supplementazione di vitamina D potrebbe ridurre il rischio di influenza e infezioni e decessi da COVID-19

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